Il Nashi (Pyrus pyrifolia (Burm. f.) Nakai) è una pianta originaria della Cina centrale (dove viene chiamato “li”; il termine “nashi” è invece giapponese e significa “pera”), ed è diffusa anche in Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Australia.
Alla fine degli anni ’80 è iniziata la sua coltivazione anche in Europa, dapprima con notevole interesse poi diminuito rapidamente, tanto che oggi è considerata marginale e il suo consumo interno risulta alquanto limitato. Le caratteristiche del Nashi che lo differenziano dalla pera comune sono:
E’ una pianta vigorosa e abbastanza rustica che si adatta alla maggior parte delle aree frutticole italiane; richiede terreni leggeri, fertili, irrigabili. È molto resistente al freddo invernale ma le brinate tardive possono provocare danni, specialmente durante la fioritura; anche il vento risulta dannoso alle foglie e ai frutti di alcune varietà.
Si innesta sul pero, che gli conferisce minor vigoria, ma maggiore adattabilità al terreno. Totalmente incompatibile con il cotogno.
Esistono oltre 150 varietà di Nashi: Kosui, Shinseiki, Hosui, Nijisseiki, Shimseiki e Shinko. Sono adatte tutte le forme di allevamento obbligate, costituenti una parete con i rami legati a fili, in modo da limitare i danni da vento: palmetta, asse verticale, “drapeau” (a bandiera), ecc. La messa a frutto è molto rapida ed abbondante; per ottenere frutti di grosso calibro è necessario un buon diradamento eseguito 4-5 settimane dopo la fioritura. Il frutto può essere consumato subito dopo la raccolta; la conservazione è molto breve per le varietà precoci, può essere prolungata anche fino a febbraio per le varietà tardive (Shinko, Cojuro). Rispetto al pero europeo questa specie risulta meno sensibile ad alcuni parassiti: si riducono gli attacchi attraverso trattamenti a base di rame in autunno e primavera.
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